Sara
Hussein lavora presso Arci Bolzano-Bozen,
un’associazione di promozione sociale e culturale che realizza, tra gli altri, anche progetti ed iniziative che hanno l'obiettivo di approfondire le tematiche legate ai diritti umani e la
Storia. L’abbiamo intervista per conoscere meglio questa realtà e il progetto
Il posto, un’iniziativa nata durante i mesi di lockdown dalla volontà di
scardinare pregiudizi e stereotipi.
Ciao
Sara, come arrivi ad Arci Bolzano-Bozen?
Bolzano non è la mia città, sono originaria
di Trento. La mia è un’identità un po’ ibrida perché mia mamma è trentina e mio
papà palestinese. All’università ho studiato filosofia e e ho avuto la possibilità di trascorrere lunghi
periodi all’estero. Sono stati anni in cui ho scoperto molte delle
mie passioni: gli studi di genere, l’antropologia culturale, la comunicazione
per il no-profit...sono interessi che ho potuto coltivare anche successivamente
nel mio lavoro.
A Bolzano sono arrivata nel 2018 quando ho iniziato a lavorare
per l’associazione Operation Daywork,
dove mi sono occupata della difficile situazione dei profughu siriani in Libano. All'inizio del 2020 sono approdata in Arci e qui mi dedico alla comunicazione e all'ideazione di iniziative culturali che spesso hanno l'obiettivo di promuovere una riflessione comune sui temi della legalità, della cittadinanza attiva
e della memoria.
Come
ti approcci al tema della Storia nel tuo lavoro?
Per
noi di Arci la Storia non è solo una disciplina o una materia che studiamo su un
libro. Crediamo che la Storia incontri tutti i giorni
le nostre vite. La Storia la viviamo nel modo
più autentico possibile perché facciamo sì che diventi un’esperienza per i
ragazzi del territorio. Cerchiamo infatti, con le nostre iniziative, di
far esperire ai giovani il portato che alcuni
eventi storici hanno avuto e hanno su intere comunità di persone. Questo è infatti l'obiettivo dei progetti della così detta “Filiera di Cittadinanza”,
come ad esempio Promemoria Auschwitz e
Ultima Fermata Srebrenica.
Attraverso questei percorsi che hanno un grande focus sulla memoria, vogliamo
trasmettere il messaggio che il passato non
si risolve nel passato, ma i suoi effetti, più o meno dirompenti,
condizionano ineluttabilmente il nostro presente.
Proviamo a dare ai giovani strumenti di comprensione affinché non vivano in
un cieco presente che si snoda nell’oblio, ma sappiano leggere criticamente la
loro realtà e possano, perché no, farsi attori del cambiamento all’interno
della loro comunità.
Una
delle vostre recenti iniziative è Il posto. Come nasce l’idea di realizzare
questo video?
È
un’iniziativa che nasce all’interno di un progetto molto più ampio che è Costruttori di futuro. Con i ragazzi e le
ragazze che hanno partecipato al percorso si è deciso di riflettere
sull’estetica dei luoghi, perché ciò ci ha permesso di ragionare sui concetti
di inclusione ed esclusione. Siamo partiti chiedendoci: chi ha il diritto di
dire cosa è bello di un posto? Chi ci vive? Chi lo attraversa per un momento?
Chi è arrivato da un altro luogo e si è trasferito lì? Partendo da queste
riflessioni, sono stati coinvolti 45 giovani di diverse età, provenienze e
madrelingue. A loro è stata fatta questa semplice domanda davanti ad una
telecamera: “qual è il tuo posto del cuore in Alto Adige?”.
Qual
è secondo te il valore più grande di questo progetto?
Spesso
nell’ascoltare le risposte degli altri si creavano dei rapporti di empatia tra
le persone. Oltre a scoprire che ci si poteva riconoscere nei gusti di persone
di altra provenienza o cultura, ci si trovava anche a cambiare prospettiva sui
luoghi raccontati dagli altri. Credo che l’estetica e il concetto di bello, collegati
ad un’esperienza o ad un sentimento, riescano a superare le barriere religiose,
linguistiche e di appartenenza etnica o sociale riportandoci ad una dimensione
umana comune. Chiedere ad una persona di esprimere il bello che vede in un luogo
significa anche considerarla degna di vivere in quel posto. Spesso si pensa che
una persona straniera o con background migratorio non possa nutrire un legame
affettivo per il contesto nel quale si trova e sia incapace di cogliere la
bellezza del territorio che lo “ospita”. Con “Il Posto”
abbiamo voluto contribuire a decostruire questo pregiudizio. Ad esempio, nel
video si possono ascoltare le parole di una persona proveniente da un Paese molto
lontano dal nostro che racconta di quanto sia bella la neve sulle Dolomiti. E
allora ci si può davvero rendere conto di quanto sia universale e la percezione
del bello.
Qual
è il tuo luogo del cuore in Alto Adige?
Il
Pippo. È il luogo dove ho cominciato
la mia esperienza con Arci, dove ho fatto incontri importanti e dove ho vissuto
molte emozioni legate al mio lavoro e non solo. È un posto nelle cui
potenzialità credo molto. Per noi di Arci non è solo uno spazio fisico, ma è
proprio il Posto con la “P” maiuscola: è dove raccogliamo le idee, dove
realizziamo i progetti e dove trovano spazio le nostre iniziative culturali. È
un luogo a cui molti associano la loro infanzia, un luogo significativo per
intere generazioni di bolzanini perché lì c’era la gabbia dell’orso Pippo, da
cui prende il nome. Ma è anche vicino alle scuole secondarie di secondo grado e
proprio ai giovani apre le sue porte con l’obiettivo di diventare sempre di più
un’officina di innovazione sociale e culturale.
Che
cos’è per te la Memoria?
La
Memoria, come anche la Storia, per noi è qualcosa di estremamente vivo e dinamico.
La Memoria non è qualcosa che va all’indietro, ma è un processo che procede
anche in avanti nel tempo. Memoria e futuro sono estremamente intrecciati tra
loro. Non possiamo pensare di costruire il nostro futuro, come cittadini di una
comunità, senza tener conto dei processi storici che costituiscono la nostra Memoria
collettiva. Coltivare la Memoria collettiva non significa necessariamente promuovere
delle azioni celebrative per ricordare eventi significativi del passato, ma soprattutto
generare consapevolezza nelle persone, specialmente nelle nuove generazioni,
perché sono loro che, in prima linea, si confrontano con le sfide del futuro.
Che
cos’è per te l’Anima?
Non
ho una visione dell’Anima che si rifà alla tradizione religiosa monoteista. Per
me l’Anima è l’essenza, il daimon, che ognuno di noi ha dentro di sé,
qualcosa di unico, singolare, specifico che ci accompagna nel corso della nostra
vita. Nutriamo la nostra Anima quando coltiviamo le nostre passioni, quando
intraprendiamo un percorso di crescita, quando conosciamo, o meglio, scopriamo,
noi stessi.