Abbiamo incontrato Federica Falvino e Beatrice Fusari che, accumunate dal forte desiderio di scoperta e da una grande curiosità, hanno partecipato alla seconda edizione di “Make it visible”, un campus creativo alla scoperta dei luoghi invisibili di Bolzano e dell’Alto Adige.
Che cos’è “Make it visible”?
Per noi “Make it visible” è stata un’opportunità di formazione, ma anche un modo alternativo per conoscere la città di Bolzano. Non è stato solamente un corso, bensì un luogo dove potersi sentire a proprio agio, dove esprimere con libertà le proprie opinioni. “Make it visible” è scoperta. Grazie a questo percorso infatti abbiamo potuto conoscere la città, la sua cultura e le sue caratteristiche, molto spesso quelle più nascoste. Il progetto “Make it visible” è stato come aprire il vaso di Pandora: un bellissimo contenitore che una volta dischiuso riserva una continua sorpresa. E questo meraviglioso contenitore può essere riutilizzato per moltissime altre cose. Da quest’esperienza sono nati dei rapporti che speriamo di portare avanti. Per noi sono cose preziose.
Qual è lo scopo della seconda edizione di “Make it visible”?
Raccontare, attraverso i diversi linguaggi artistici, i luoghi meno conosciuti di Bolzano, nello specifico i luoghi dei giovani e per i giovani. Spesso si tende a pensare che Bolzano non offra molto alle nuove generazioni. Tuttavia, se si ha la volontà e la giusta dose di curiosità, è possibile scoprire moltissimi luoghi interessanti e nuove esperienze da vivere. Durante il percorso inoltre, abbiamo creato dei contenuti che confluiranno e andranno ad ampliare la già esistente app “Artwalks”. Le informazioni da noi create intendono essere uno stimolo dedicato ai giovani per andare alla ricerca di questi luoghi invisibili.
Come si è svolto il percorso?
Il percorso è suddiviso in tre moduli: quello della scrittura, quello della fotografia e quello della geografia emozionale. Per ogni modulo abbiamo fatto pratica uscendo all’aria aperta, sperimentando e scoprendo la città. Abbiamo imparato moltissimo. Uno dei degli insegnamenti più grandi che ci ha lasciato “Make it visible” è quanto sia fondamentale realizzare una fotografia che possa portarti da un’altra parte, che ti possa far pensare. Non è importante scattare semplicemente una bella immagine. E lo stesso vale per la scrittura.
Come funziona “Artwalks”?
È un’applicazione scaricabile per lo smartphone che funziona attraverso il GPS. L’applicazione stimola la ricerca dei posti invisibili e quando arrivi alla meta selezionata, sblocca i contenuti relativi a tale luogo, come ad esempio fotografie e haiku, brevi componimenti poetici. Dopo aver raggiunto tre luoghi è possibile creare una cartolina virtuale con i materiali raccolti e condividerla attraverso i social networks, l’email o le applicazioni di messaggistica.
Quali luoghi avete deciso di far conoscere attraverso questo progetto?
Il criterio principale era quello di selezionare dei luoghi poco conosciuti, che solo poche persone conoscono. Insieme abbiamo scelto di far conoscere un luogo nascosto lungo le passeggiate di Sant’Osvaldo. È un posto contemplativo con vista sulla città. A noi ha dato una grande sensazione di libertà e di isolamento, nella sua accezione positiva. È un luogo molto accogliente, che può rivelarsi perfetto per tante occasioni diverse: ci si può andare in compagnia per ammirare il panorama, o magari da soli per sfogarsi, per piangere, o per trovare l’ispirazione per un’opera artistica. Questa è l’esperienza che abbiamo vissuto e che vogliamo consigliare.
Avete scoperto altri luoghi interessanti durante il percorso?
Federica: Sì, io ho scoperto il chiostro dei Francescani. È un luogo bellissimo e suggestivo. Appena ci sono entrata me ne sono innamorata. Mi ha portato in un’altra dimensione. Solo in pochi lo conoscono, ma spero che ora, attraverso “Artwalks”, più persone avranno la possibilità di visitarlo.
I contenuti che ho creato sul chiostro sono come un consiglio agli amici.
Beatrice: Il mio progetto personale è un campeggio. Si trova nella zona dell’ospedale, non si vede molto perché immerso nei vigneti. Ho scelto questo luogo perché i proprietari mi hanno lasciato qualcosa nel cuore. È un campeggio davvero particolare: al suo interno è possibile scoprire la storia di Bolzano e dell’Alto Adige. Per farvi un esempio, quando si va in bagno, attraverso delle originali installazioni si possono scoprire delle particolarità sulla popolazione, sulla lingua e sulla cultura della provincia. Io ho scoperto la storia del grembiule blu tradizionale dell’Alto Adige. Per me questo campeggio è un luogo speciale, dove è possibile scoprire in modo non convenzionale la cultura del territorio.
Cos’è per voi la Memoria?
Federica: Per me la Memoria è condivisione. È condividere per il futuro. Se un’esperienza la custodisci solo per te non potrà avere un futuro. Cresce con te, ma muore anche con te. Al contrario, se condividiamo le nostre esperienze agevoliamo la loro evoluzione nel tempo. Attraverso l’esperienza di “Make it visible” vogliamo valorizzare, raccontare e dunque fare Memoria di alcuni luoghi della città. Speriamo che i fruitori dell’app “Artwalks” diano un futuro a questa Memoria.
Beatrice: Secondo me il concetto di Memoria in relazione a “Make it visible” ha due dimensioni: da un lato, abbiamo conosciuto alcuni luoghi storici di Bolzano che ci hanno arricchito e lasciato dentro qualcosa; dall’altro lato, vogliamo conservare e condividere il ricordo di queste esperienze attraverso l’arte. L’arte rimarrà nel tempo e speriamo che questi luoghi possano conservarsi anche nel cuore delle persone, esattamente come è successo a noi.
Cos’è per voi l’Anima?
Federica: Credo nell’esperienza e nel rapporto che si instaura tra un’opera e una persona. Tendo a concentrarmi molto sul contenuto artistico, culturale e architettonico: per esempio per me il chiostro dei Francescani ha un’atmosfera, più che un’Anima che forse si avvicina più a un’attribuzione religiosa che non sento mia. Penso piuttosto che un luogo crei delle sensazioni, delle vibrazioni.
Beatrice: Secondo me abbiamo dato un’Anima a questi luoghi. Attraverso le esperienze che abbiamo vissuto, gli abbiamo dato un soffio di vita. In un certo senso hanno preso vita. Ora ci riferiamo alle passeggiate di Sant’Osvaldo come fossero una persona. Credo che il punto di forza di “Make it visible” sia quello di far conoscere i luoghi della città, non come una classica guida turistica, bensì attraverso le esperienze e le emozioni delle persone.
Secondo me gli artisti trasmettono la propria Anima alle loro opere. Credo che noi abbiamo fatto lo stesso attraverso le fotografie e i testi: abbiamo trasmesso un pezzetto di noi a questi luoghi.